Matha Gitananda Ashram

MONASTERO INDUISTA TRADIZIONALE

 
 

Pellegrinaggio all'Ashram

La lunga strada sterrata, che conduce al Monastero, sembra voler delimitare la separazione tra esso e il mondo. Se percorso a piedi, questo tragitto assume i caratteri di una purificazione dei sensi e del cuore: diviene un pellegrinaggio. Mano a mano che ci si addentra nel bosco, il rumorio confuso e disordinato della mente progressivamente si dissipa, si acquieta e si odono i suoni della natura in tutta la sua maestà. Nella vegetazione vergine riecheggia il crepitio dei passi del pellegrino in cammino verso la ricerca di Sé. Si osservano alberi spogli e austeri, rinsecchiti dal ghiaccio che, simile a schegge vitree, invita a un severo rigore; il candido manto di neve carezzevole, come una madre, copre e nutre la terra, le neonate gemme ondeggiano al ritmo delle brezze delicate della primavera, le dolci e inebrianti fragranze dell’acacia in fiore; dallo scroscio delle piogge battenti alla piena esplosione del sole d’estate.

La natura, con l’alternanza delle stagioni, diviene emblema cristallino dei passaggi inevitabili della vita umana, nonché della ricerca della Verità. Dalla spogliazione di se stessi, dei propri difetti ed egoismi, attraversando notti fredde e buie prima di poter riscoprire la luce e il profumo di una vita tutta nuova, mondata dall’ombra dell’errore e dell’incoscienza. Fino a raggiungere la maturazione, laddove si gustano i primi frutti succosi di una dimensione sottile, un gusto che rende amari tutti gli altri. Una prima alba che sorge nel profondo di se stessi ed è conquistata con la dedizione totale a un unico ideale, un unico scopo: la libertà dalla prigionia dell’ignoranza che vela la propria natura divina.

Percorrere la strada che conduce al Monastero nasconde in sé tutto questo, inducendo un’attitudine alla contemplazione e all’introspezione. Si giunge, infine, a un cancello d’ingresso affiancato da due imponenti leoni in marmo bianco, simbolo della conquista degli istinti incontrollati e immagine di regalità e coraggio: due qualità indispensabili per intraprendere qualsiasi azione. Varcata la soglia, il pellegrino trova raffigurate tutto intorno le rappresentazioni iconografiche di quelle forze e funzioni cosmiche, divine e individuali con le quali si deve confrontare o su cui deve fare affidamento.
Il monastero è costellato, infatti, di templi votivi, accuratamente disposti secondo un ordine prescritto e simbolico ben preciso. In essi dimorano le ipostasi in forma scultorea di alcune tra le principali espressioni del Divino presenti nell’induismo. Le cupole dorate dei molti templi presenti e, in particolare quelle dei due complessi maggiori, sfidano in bellezza i picchi delle montagne circostanti, sottolineando il forte legame simbolico che esiste tra l’elevazione della torre del tempio, Sikhara, e l’axis mundi, unione tra tutti i piani dell’esistenza, da quelli sotterranei a quelli più elevati; una testimonianza della piena identità tra micro e macrocosmo. Il cuore di questo tracciato ideale pulsa nel tempio principale dedicato all’aspetto femminile del Divino, la Madre SRI LALITA MAHATRIPURASUNDARI e nel complesso templare all’aperto: SRI SHAKTI PITHAM.

 
 
 
 
 
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